La sfida dell’essere genitore
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11 Settembre 2018La parola aggressività deriva dal latino ad-gredior che letteralmente significa “andare verso“. Rappresenta un “movimento verso” qualcosa o qualcuno, per soddisfare un bisogno o un desiderio. Nei rapporti interpersonali la rabbia è l’emozione-movimento che ci permette di raggiungere le cose e gli affetti di cui necessitiamo per il nostro benessere.
La rabbia è una emozione molto precoce, se ne osserva l’insorgere già a due mesi di vita. Il bambino piccolo arrabbiandosi tenta di gestire l’ambiente fisico che lo circonda, oltre a richiamare l’adulto per aver soddisfatto i suoi bisogni e mitigare il disagio scatenato dalla rabbia.
La rabbia gioca anche un ruolo importante dal punto di vista evolutivo: permette di sprigionare una grande energia per passare all’azione. Gli impulsi aggressivi fanno parte della vita psichica di ogni persona e fino ad un certo limite sono da ritenersi non solo normali ma necessari. Nell’uomo vi è un’aggressività sana ed adattiva che permette di affrontare i pericoli e le difficoltà della vita con coraggio, audacia e iniziativa, di affermare e difendere la propria immagine, di ristabilire la giustizia.
Il problema sorge quando diventa eccessiva, quando si trasforma in violenza o diventa un comportamento relazionale abituale. Quando cioè non impariamo a riconoscerla e a gestirla.
Le terribili crisi di rabbia e di collera dei figli!
La rabbia mette spesso in difficoltà il genitore, soprattutto quando si trova ad avere a che fare con una vera e propria crisi di collera del figlio. Può essere veramente spiacevole trovarsi di fronte ad un bambino che lancia le cose oppure grida senza fermarsi, così come può essere altrettanto difficile gestire un bambino che si arrabbia apparentemente per qualsiasi cosa.
Oltre alla rabbia del bambino, ci troviamo a dover gestire anche le nostre reazioni di rabbia – insofferenza, nervosismo, impotenza – e la situazione diviene sempre più complessa e faticosa!
E’ importante ricordarsi che la rabbia del bambino è:
- una forma di autoaffermazione
- un modo per chiedere aiuto
- uno strumento per saggiare i suoi limiti
- una richiesta di riconoscimento e amore
Vi sono delle tipiche situazioni che possono scatenare una reazione rabbiosa:
- situazioni che minacciano l’autostima: per esempio un bambino può aver una reazione rabbiosa dopo che il fratello ha svolto un compito meglio di lui oppure dopo che i genitori hanno fatto un apprezzamento verso il fratello.
- situazioni di frustrazione: per esempio un bambino inizia ad urlare dopo che ha tentato varie volte di svolgere un’attività senza riuscirvi; oppure lancia i giochi quando il genitore gli impedisce di fare qualcosa
- situazioni di stress: per esempio un bambino può reagire con pianti e urla quando sente che i genitori pretendono da lui prestazioni al di sopra delle sue capacità; aggredisce fisicamente i compagni dopo un periodo prolungato in cui è vittima di prepotenze; inizia a lanciare tutti i giochi dopo aver trascorso una giornata iperstimolante, o dopo una situazione di noia prolungata
- situazioni di insicurezza: per esempio reagisce in modo rabbioso per l’incertezza che ha rispetto alla costanza delle attenzioni dell’adulto di riferimento (Leggi il post: La sfida dell’essere genitore)
- situazioni di forte tristezza dovuta ad esempio alla perdita di un familiare
La causa della rabbia, quindi, può essere anche molto diversa dall’evento scatenante poiché è legata alla valutazione che noi stessi diamo di quell’evento. Nella situazione del bambino che si arrabbia con il fratello, la causa non è il fratello bensì la paura del bambino di sentirsi inferiore e inadeguato e, quindi, l’interpretazione della prestazione del fratello come un pericolo per se stesso. Nella situazione del bambino che si arrabbia lanciando i giochi, la causa della rabbia non è il genitore bensì il pensiero che questi stia sbagliando nell’impedirgli di fare quello che vuole.
Lascia che si arrabbi!
La rabbia non è un’emozione negativa da negare o bloccare, bensì un’emozione da conoscere e comprendere. Ciò che è negativo è, a volte, la modalità con la quale viene espressa e quindi le conseguenze che ne possono derivare. Ma molto spesso questa emozione viene considerata inopportuna, irragionevole, associata all’aggressività e al capriccio.
La rabbia non riconosciuta e manifestata al momento in cui emerge rischia di diventare negativa e distruttiva, quando viene repressa può avere conseguenza dannose sia per il bambino che per gli altri.
Come si estrinseca (manifesta, esprime) la rabbia?
- Rabbia diretta, quando viene rivolta direttamente
- Rabbia spostata, quando l’oggetto e la persona contro cui è diretta la rabbia viene sostituita con una persona e un oggetto diverso
- Rabbia differita, quando la rabbia viene repressa e poi si ripropone in momenti inopportuni o verso persone e situazioni che hanno poco a che fare con la causa originale della rabbia
- Rabbia modificata, quando la rabbia viene espressa in altre forme, si manifesta sotto forma di ansia, panico, gelosia, invidia e altri sentimenti
I bambini vanno educati a riconoscere, esprimere e gestire la rabbia, insegnandogli un nuovo modo di considerare questo sentimento. E’ importante poterla manifestare, senza bloccarla, riconoscerla al momento in cui emerge per quello che è: un meccanismo di protezione che ci segnala che c’è’ qualcosa che non va, qualcosa che ci fa stare male. Imparare a manifestare la propria collera significa conoscere i propri reali bisogni e intrattenere relazioni più autentiche con le persone che ci circondano. La rabbia usata costruttivamente aiuta a sviluppare fiducia in se stessi.
Cosa posso fare se mio figlio è aggressivo?
E’ una domanda che un genitore si pone spesso, a volte anche con ansia o frustrazione.
Sui social, sui blog e su internet si trovano tanti consigli e indicazioni: non punire il bambino perché questo non farebbe altro che accrescere la sua aggressività; non urlare; non mandare a dormire il bambino arrabbiato; concordare poche regole inviolabili; organizzare la giornata con momenti rituali e piacevoli; focalizzare le energie su quello che realmente conta; innalzare la soglia di tolleranza del bambino con giochi di costruzione e di società, ecc.
Tutti consigli corretti e utili. Fondamentale, quale premessa ad ogni comportamento e intervento del genitore, è che lo stesso non viva negativamente la rabbia del figlio e non la interpreti come un attacco del figlio nei suoi confronti.
La gestione della rabbia è qualcosa che va insegnata al figlio, come camminare, scrivere, socializzare, ecc.
Solo se il genitore vive la difficoltà del figlio nel gestire la rabbia come un passaggio necessario e normale della sua crescita, il bambino può farsi guidare nella scoperta di questa fondamentale emozione, sperimentarla e trovare comportamenti più funzionali e manifestazioni più adeguate, riconoscendone la sua importanza vitale.
Bisogna parlare della rabbia, giocare con la sua espressione, fornire strumenti e consensi per manifestarla (cuscinate, pungiball, barattolo della rabbia, storie e racconti, ecc), aiutare il figlio a riconoscerla, facendogli da specchio.
Condividerla è fondamentale
Solo così il bambino non si sentirà cattivo o sbagliato, spaventato o non ascoltato, sentirà che è una emozione normale e vitale, che appartiene a tutti, che non bisogna averne paura o vergognarsi: deve solo imparare a gestirla. Il tempo è un altro fattore importante, la gestione delle emozioni è un processo lungo da imparare, che richiede continui sostegni e stimoli!
Dr. Ottavia Pennisi