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L’incursione improvvisa e prepotente del Covid-19 nelle nostre vite ha portato con se l’incertezza del futuro ma anche l’imprevedibilità dello stesso, queste sono emozioni con le quali stiamo imparando a convivere e verso le quali stiamo imparando nuove capacità di adattamento che per alcuni si sono rivelate essere più faticose che per altri.
Avere un “nemico invisibile”, vivere costantemente nell’imprevedibilità (del contagio, del tempo, della crisi economica, delle libertà personali, ecc) è una situazione che inevitabilmente genera reazioni psicologiche sia individuali che collettive.
Le emozioni predominanti durante la pandemia sono quelle di ansia, paura, rabbia, quindi inevitabilmente ciascuno di noi sta mettendo in atto dei meccanismi difensivi per gestire queste emozioni.
Le reazioni individuali e collettive possono variare in un continuum dalla negazione della minaccia all’allarmismo (visione catastrofica).
La negazione è un meccanismo di difesa arcaico, presente sin dalla tenera età, che ben riflette il pensiero magico dei bambini che per disconoscere una realtà sgradita tendono ad eliminarla. Si innesca quando una realtà crea dei sentimenti negativi troppo intensi, insopportabili e dolorosi per la persona, che si protegge rifiutandoli, allontanando l’esperienza angosciosa dalla coscienza o rendendola più sostenibile (è solo una influenza, è tutta una montatura, colpisce solo i deboli, ecc.). La negazione ha origine dall’elevata quota di irrazionalità e può portare le persone a comportamenti che possono rilevarsi dannosi per se stessi e per la collettività (osserviamo persone che continuano ad uscire per mantenere le proprie abitudini nonostante i divieti, non portano la mascherina, assembramenti di persone senza distanziamento e protezioni sanitarie, party notturni clandestini, ecc.)
C’è invece chi, all’estremo opposto, vive nel costante timore, rimane bloccato nella paura; situazione che sfocia in comportamenti a volte fobici. Il termine fobia indica un’irrazionale e persistente paura, sproporzionata rispetto all’evento, “irragionevole” che non può essere dominata; ciò porta ad atteggiamenti e/o comportamenti esagerati che non hanno nulla a che fare con l’elemento che ha creato la paura, ma che hanno una funzione rassicurante . Vedi la corsa ai supermercati, ai treni o anche ai tabaccai dei primi giorni del lock-down contro la paura di rimanere senza beni di prima necessità o lontani dalla famiglia; il chiudersi ermeticamente in casa, il disinfettare spasmodicamente e continuamente ogni oggetto o parte di sé; o l’ancorarsi ai social e alle notizie che allarmano ma al contempo rassicurano in quanto portatori di un senso di appartenenza.
Le strategie che possono rivelarsi più funzionali e adattive in questa situazione sono finalizzate a ridurre o rimuovere (in modo illusorio) l’incertezza che caratterizza una situazione percepita particolarmente significativa o il disagio legato alla sensazione di imprevedibilità.
Non bisogna dimenticare che l’incertezza è la condizione ideale per spronare l’uomo a scoprire le proprie possibilità. Di certo è una condizione non facile ma in un mondo dove non sempre è possibile sapere ciò che succederà e in cui non è possibile avere tutto sotto controllo, il nostro cervello è progettato per affrontarla.
Abbiamo delle risorse innate che, se usate in modo flessibile, ci permettono di fronteggiare le difficoltà in modo positivo.
Nelle scienze, ad esempio, l’incertezza e il dubbio sono alla base di ogni metodo di indagine e c’è un’intera teoria matematica che sfrutta l’incertezza per migliorare i risultati definendola come il livello accettabile di ragionevole dubbio. Tutti i più grandi scienziati della storia hanno avuto a che fare con l’incertezza e il dubbio anzi, alcuni di essi hanno avuto fama e successo proprio per averli resi noti a tutti, come il fisico Werner Heisenberg che scrisse una teoria sull’indeterminazione dei risultati delle misurazioni fisiche che servì da banco di prova per la moderna teoria quantistica, o ancora il matematico Kurt Godel che dimostrò – pensate un po’ – che in matematica ci possono essere delle espressioni vere che non si possono però dimostrare.
E’ nella vita di tutti i giorni che le cose si fanno più complesse.
Se in campo scientifico abbiamo numeri e algoritmi per gestire l’incertezza, nell’esperienza quotidiana non disponiamo di così solidi appigli, dipendiamo da quello che percepiamo attraverso i sensi, da come lo elaboriamo nel cervello e da quanto in profondità intervengono le emozioni connesse a queste elaborazioni.
È quindi importante imparare a tollerare l’incertezza, entrando in contatto con le nostre emozioni, anche quelle più spiacevoli, senza allontanarle, ne esserne sopraffatti.
Il filosofo e matematico Nassim Nicholas Taleb sostiene che viviamo in tempi incerti e che dobbiamo imparare ad accoglierla come se fosse una componente essenziale delle nostra esperienza. I fatti imprevedibili che incidono sulla nostra vita – i cigni neri, come li chiama Taleb – si possono sfruttare a nostro vantaggio solo se impariamo a vedere le cose in un’ottica che accetta il dubbio e che da esso trae beneficio: un’ottica “antifragile” al dubbio.
Che si tratti della pandemia o dell’incertezza sul futuro scolastico o del nostro lavoro, possiamo “stare dentro” a quell’esperienza e raccontarci ciò che stiamo provando.
Così facendo, l’intensità delle nostre emozioni si abbasserà un po’ alla volta, saremo capaci di disinnescare delle reazioni impulsive o inadeguate, dettate dalle emozioni stesse che stiamo provando e ritrovare così il controllo di noi stessi.