STRUMENTI FEUERSTEIN #7: APPRENDIMENTO DELL’ATTENZIONE SU TRE CANALI
15 Luglio 2020La rivoluzione digitale nell’emergenza sanitaria: la psicoterapia online. Alcune riflessioni
30 Ottobre 2020I social network, oggi, riempiono il nostro tempo libero, ci aiutano ad alleggerire le attese e attraverso di essi recepiamo un gran numero di informazioni e condividiamo momenti della nostra giornata. Essi rappresentano il più potente mezzo di comunicazione mai generato, possiedono caratteristiche specifiche e influenzano notevolmente la nostra vita e le nostre abitudini.
Postare una foto, condividere un contenuto o scrivere un commento sono azioni semplici e immediate che non investe più solamente i giovani.
Quando utilizziamo i social network viene coinvolto: il corpo, le relazioni, la condivisione e l’identità.
Il corpo, inteso come la sfera del non verbale, rimane protetto al di là dello schermo dello smartphone o del pc, liberandoci dalla paura e facilitando comportamenti disinibiti.
Nello spazio virtuale si creano le relazioni grazie ad una continua connessione gli utenti riescono a sentirsi sempre vicini e ad avere una molteplicità di occasioni per risolvere eventuali problemi.
La condivisione sui social è tutto poiché senza l’altro, pronto a scorrere le nostre Instagram stories, a leggere i nostri post e a cliccare un Like alla nostre foto, il tutto non avrebbe ragione di essere pubblicato.
Infine l’identità, entra in gioco prepotentemente: ciò che condivido con gli altri è ciò che sono, penso, desidero, oppure per opposto ciò che non sono ma vorrei essere e che posso esprimere pienamente on line grazie al parziale venir meno delle barriere limitanti date dalle convenzioni sociali.
I social network sono così diventati i luoghi principali di manifestazione delle proprie emozioni poiché in essi si ascolta, si comunica e oggi anche ci si confessa. C’è sempre qualcuno che racconta e qualcun altro che ascolta, anche se non necessariamente nello stesso momento né con lo stesso linguaggio.
La grande differenza rispetto alle ordinarie conversazioni in presenza è che nello spazio virtuale può avvenire una manifestazione aperta dei propri stati emozionali e sentimentali, una sorta di straripamento emozionale con conseguenza perdita dei confini tra mondo digitale e mondo reale e contaminazione tra privato e pubblico.
I social hanno quindi modificato il linguaggio e la manifestazione delle emozioni.
Una relazione faccia a faccia comporta un certo grado di difficoltà, in quanto si basa sulla condivisione sia di informazioni verbali, che non verbali, come la dimostrazione di emozioni, dubbio e preoccupazione; internet detta invece nuovi tempi di lettura, riflessione e risposta.
Il rischio, soprattutto per gli adolescenti, è di sentir sempre meno il bisogno di vedersi faccia a faccia. La tendenza a livello di emozioni sarà quella di tradurle solo con emoticons perché sono reputate la soluzione più semplice ed immediata. Tutto perde valore: l’amicizia e i sentimenti diventano icone dalle diverse forme, colorate e poste su uno schermo. Una volta fuori dal mondo digitale il rischio è quello di non riuscire a riconoscere le emozioni altrui così come le proprie perché privati della capacità di codificare i segnali fisici e verbali che gli altri trasmettono in una comunicazione non digitale e di conseguenza ci si può sentire persi, incapaci a comportarsi e a relazionarsi perché abituati a ricevere sempre un aiuto da parte dei social.
Il sociologo Zygmunt Bauman in un’intervista dichiara:
“Il mercato […] ci alletta con la promessa di poter avere tutto senza fatica: soddisfazione senza lavoro, guadagno senza sacrificio, risultati senza sforzo, conoscenza senza un processo di apprendimento. L’amore richiede tempo ed energia. Ma oggi ascoltare chi amiamo, dedicare il nostro tempo ad aiutare l’altro nei momenti difficili, andare incontro ai suoi bisogni e desideri più che ai nostri, è diventato superfluo: comprare regali in un negozio è più che sufficiente a ricompensare la nostra mancanza di compassione, amicizia e attenzione.”
ZYGMUNT BAUMAN, Intervista di Raffaella de Santis (La Repubblica, 20 Novembre 2012).
Dottoressa Alessandra Bernini