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27 Febbraio 2020Allena la mente e pensa in modo positivo [INFOGRAFICA]
16 Marzo 2020Nel mio lavoro sempre più spesso mi trovo a sostenere i genitori nella crescita dei loro figli, lavorando sui bisogni specifici delle varie tappe evolutive.
Molte volte mi trovo di fronte a genitori poco concreti che tendono a chiedere il parere del figlio anche quanto è piccolo, che si mettono alla pari, che gli spiegano continuamente come si fanno le cose, anche cose semplici come lavarsi i denti, e che prima di mettere una regola sentono di doverla giustificare più e più volte.
Genitori eccessivamente concentrati sul figlio e molto poco su di loro (oggi si parla di famiglia figliocentrica).
Un tempo erano i bambini che cercavano di compiacere i genitori, oggi è il contrario.
Volendo crescere figli felici, sovente gli adulti sono presi da troppo “psicologismo” che può minare le loro capacità educative, rendendoli incerti o disorientati.
Rendere i bambini felici spesso viene associato al dare ritmi di vita intensi e frenetici in quanto la noia viene erroneamente considerata un’emozione “negativa”, una perdita di tempo, se non un problema da risolvere il prima possibile.
Già alcuni filosofi anni e anni addietro avevano evidenziato l’importanza del tollerare la noia come aspetto importante del diventare adulti; oggi gli psicologi ce lo confermano con i loro studi e ricerche: essa ci permette di fare introspezione, di pensare e riflettere, di sviluppare, inoltre, la nostra fantasia e creatività.
Far crescere un figlio, portarlo ad una sua autonomia è una fatica immensa, dove è importante essere un genitore sufficientemente buono senza voler essere perfetto o avere paura di sbagliare!
Questo a maggior ragione quando si è genitori di figli adolescenti, dove non esistono soluzioni immediate, rapide, ma ci vuole tempo … tanto tempo e fiducia.
L’adolescenza di un figlio sembra non finire mai, a differenza dell’adolescente per il quale il tempo sfugge di mano!
Una caratteristica tipica dell’adolescenza è la disarmonia e la molteplicità degli ego (Io), in costante lotta tra loro. L’articolazione e l’integrazione tra di stessi permette il raggiungimento della maturità.
L’adolescente deve lasciare la sicurezza designata dai genitori per traghettare verso la ricerca di una sicurezza interiore che connota, poi, la ricerca della propria identità. In adolescenza si impara (o meglio, si dovrebbe imparare) a mentalizzare gli stati d’animo, cioè a contenerli, a capirli e a tradurli in pensieri e parole.
Mutamenti di identità, tensione fra autonomia e dipendenza, fra gruppalità e individuazione, bisogno di mettersi alla prova e di libertà -non raramente anche con l’assunzione di rischi- è quanto vive quotidianamente l’adolescente. I cambiamenti sono veloci e riguardano la sua totalità: corpo, mente ed emotività.
Il gruppo dei pari diviene fondamentale: in esso l’adolescente si riconosce, si sperimenta, si differenzia.
I ragazzi si sentono diversi e vogliono essere diversi da prima, liberarsi da tutto quello che c’era nella loro infanzia. Ma contemporaneamente provano emozione contrastanti tra loro, tra le quali ebbrezza e paura.
L’adolescenza genera, in figli e genitori, un turbinio di emozioni non sempre facile da gestire. L’adolescenza di un figlio mette in moto emozioni forti e scomode, tristezza, rabbia, smarrimento, ansia; esattamente le stesse emozioni che possono riscontrarsi nei figli ma con significati diversi.
Non esistono ricette o modelli genitoriali preconfezionati e perfetti: come non esistono figli perfetti non esistono genitori perfetti.
La relazione con i propri figli e con ciascun figlio, quando sono più di uno, va costruita giorno per giorno, nel rispetto dell’unicità di se stessi e dell’altro.
L’importante è accettare il cambiamento: quando un figlio cambia devono cambiare anche i genitori, con fiducia nel percorso evolutivo, reggendo la confusione, l’ansia e l’aggressività proprie della fase adolescenziale.
E’ importante che gli adulti trasmettano l’idea che per crescere e per imparare occorre prendersi del tempo, e questa attesa deve essere caratterizzata dalla fiducia.
E’ fondamentale avere fiducia nelle risorse evolutive e nelle proprie capacità riparative, si impara ad essere pazienti, si impara insieme ai figli ad accettare lati oscuri, confusi, contraddittori e rigidi e si può finalmente apprezzare il piacere di evolvere insieme, interrompendo il circolo vizioso della paura (di fallire, di essere diverso, dell’altro sesso, dell’abbandono, dell’incognito, ecc).
Gli adulti devono vedere più lontano del figlio, sapere che l’adolescente deve fare il suo percorso, che ci vorrà del tempo, tanto tempo, molti tentativi, anche degli errori, senza sentirsi traditi o spaventati quando il figlio sembra non ascoltare o fa scelte lontane o diverse da quelle desiderate. Deve mandare un messaggio di fiducia di chi sa che alla fine lui (il figlio) riuscirà a crescere e a prendersi le sue responsabilità, richiamandolo tutte le volte che sembra allontanarsi dalla strada o confondersi. Vedere con fiducia dove il figlio arriverà, riconoscendogli le risorse necessarie al superamento della confusione, anche se sul momento questo sempre impossibile!
Il genitore ha un ruolo di stabilizzatore, imprescindibile e ineguagliabile, deve rimanere realisticamente il suo essere terzo rispetto al rapporto che l’adolescente vive con il mondo, offrendo le sue, non poi così poche, competenze, pesandone anche la relatività.
Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu inizi a darmi consigli, non fai ciò che ti ho chiesto.
dal libro di Thomas Gordon, “Relazioni efficaci. Come costruirle, come non pregiudicarle”, Ed. La Meridiana, 2005
Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu inizi a spiegarmi perché non dovrei sentirmi in quel modo, tu calpesti i miei sentimenti.
Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu pensi di dover fare qualcosa
per risolvere il mio problema, mi hai frainteso, per quanto strano possa sembrarti.
Ascolta! Tutto ciò che ti ho chiesto è che tu mi ascolti:
non parlare, non fare, semplicemente ascoltami.
I consigli costano poco. Con pochi soldi potrei trovarli su qualsiasi rivista.
Io posso farcela da solo. Non sono impotente.
Avvilito sì, forse anche esitante, ma non sono privo di risorse.
Quando fai per me ciò che io potrei fare da me, tu aumenti le mie paure.
E il mio senso di inadeguatezza.
Ma quando semplicemente accetti, come un dato di fatto, che io provo ciò che provo,
per quanto assurdo possa sembrarti, allora posso smettere di convincerti
e provare davvero a capire cosa c’è dietro i miei sentimenti irrazionali.
… Dunque, ti prego, ascolta e senti ciò che dico.
E se anche tu vuoi parlare, aspetta: tra un attimo sarà il tuo turno
e allora sarò io ad ascoltarti.
Dottoressa Ottavia Pennisi