La Mediazione Familiare: un percorso diverso di gestione del conflitto
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11 Aprile 2019Il successo nella realtà è sempre parziale e instabile e dovrebbe riferirsi ogni volta alla singola azione o al singolo ruolo, mentre solitamente viene inteso come totale e stabile: il mondo è pieno di status symbol vincenti, dove il successo della persona viene associato alla ricchezza, visibilità e celebrità.
Inoltre, fallimento e successo vengono vissuti come un rigido binomio, il primo temuto e demonizzato, il secondo esaltato e ricercato. La nostra società pone sempre di più l’accento sul produrre e sull’ottenere, dando molta importanza al risultato: come se vincere fosse sempre sinonimo di successo.
I bambini e i ragazzi di oggi mostrano sempre maggiore difficoltà nel gestire una sconfitta, spesso non accettata e vissuta come un fallimento, sia che si tratti di un voto, che di una gara, di una partita o un gioco.
La sconfitta, invece, ha una valenza pedagogica e psicologica importantissima, che accompagna la crescita intellettuale, morale e relazionale dei bambini. Aiuta a crescere perché consente di comprendere quali sono i propri limiti e quindi di conseguenza, ci permette di migliorarli e di evitare così un nuovo insuccesso. L’esperienza della sconfitta, pertanto, ci aiuta a sviluppare una buona autostima e sicurezza di sé.
Come aiutare i figli a gestire una sconfitta?
Per il bambino o il ragazzo l’insuccesso rappresenta un momento importante e doloroso per lui che va accolto e mai sminuito.
Le loro emozioni vanno accolte, condividendo il dispiacere dell’insuccesso ed aiutandolo ad esprimerle, dandogli il giusto tempo per “digerire il boccone amaro”, aiutandolo a verbalizzare e riflettere sugli errori, su nuove soluzioni e su come poter migliorare. Importante è che il genitore aiuti il figlio a vivere l’ insuccesso non come un fallimento ma come parte dell’esperienza, compresa nel percorso naturale per arrivare al successo: il successo sta proprio nell’accettare anche la sconfitta.
“Prova. Fallisci. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio”. Samuel Beckett
Mostrare il lato positivo dell’insuccesso è la chiave affinché questo si tramuti in crescita personale, focalizzandosi sull’impegno, o sul divertimento, sull’aver rispettato le regole, sull’essersi messo in gioco e averci provato. Soprattutto quando il figlio reagisce eccessivamente male alle sconfitte è fondamentale farlo confrontare con attività, sport, giochi, a lui più congeniali, in linea con le “sue” abilità, ma senza iper-proteggerlo evitandogli il confronto con gli altri e la sconfitta.
E’ fondamentale educare bambini e adolescenti ad affrontare anche la sconfitta; ciò che conta è arrivare in fondo, migliorare, divertirsi, accettando che un altro possa fare meglio di noi e che il successo sta nel riuscire ad accettare anche le piccole sconfitte e imparare da esse.
Anche nel campo scolastico è fondamentale che ogni alunno si confronti con l’insuccesso. Il rischio è quando ci si concentra sui risultati e sul profitto. In queste situazioni spesso i bambini confondono il sentirsi amati per quello che riescono a fare e con i voti scolastici e non per quello che sono, compresi i propri limiti e difficoltà.
“Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti” Winston Churchill
In altre parole, invece di continuare a vedere il fallimento come la fine di qualcosa, prova a vederlo come una parte inevitabile del viaggio… verso la tua crescita personale.
L’ambito dell’insuccesso scolastico si presenta con due polarità: l’insuccesso personale, cioè lo studente che non raggiunge i traguardi prefissati e gli obiettivi definiti, e l’insuccesso istituzionale cioè la scuola che non riesce a far raggiungere quei traguardi e registra così perdita di alunni, di credibilità funzionale, di identità.
Nelle sconfitte non sempre (raramente) gli studenti riescono a cogliere la valenza positiva individuando e facendo propri gli aspetti utili alla reazione e alla ripresa; infatti il più delle volte il mancato raggiungimento del traguardo finale, attribuito quasi sempre a cause esterne, genera frustrazioni, vaghi sensi di colpa, stati di vittimismo, ma anche la convinzione di impotenza.
Per prevenire tali rischi, non mancano gli antidoti, per esempio, la messa a fuoco delle proprie abilità, indispensabile per l’acquisizione ed il consolidamento di specifiche competenze, l’individuazione di un valido ed efficace metodo di studio, l’idea sulla funzione ed il ruolo della scuola nella maturazione della personalità.
Un aspetto importantissimo, cui prestare attenzione, è quello delle attribuzioni causali. Un elevato numero di studenti sia giovani che adulti, tendono ad attribuire le ragioni dei loro insuccessi a fattori esterni e variabili, quali la difficoltà del compito, la fortuna, o all’intelligenza, elemento interno alla persona ma ritenuto, a torto, immodificabile. Viene sottovalutata di conseguenza l’unica attribuzione causale: l’impegno che è direttamente proporzionale alla forza di volontà ed implica responsabilità decisionali dello studente.
Secondo l’ottica meta cognitiva del processo insegnamento/apprendimento, su questa componente interna, e per lo più modificabile, si può e bisognerebbe far leva in modo che ogni studente impari a valutare i risultati ottenuti in relazione all’impegno speso, ad evitare errate attribuzioni causali e arrivi a contare principalmente sulle proprie risorse per riuscire nella scuola e nella vita.
Per quel che concerne la scuola, di fronte ai fenomeni dell’insuccesso scolastico, potrebbe mettere in atto delle strategie di rinforzo definite empowerment. Quello di maggior successo nel contesto scolastico è di tipo cognitivo.
Si tratta cioè di stimolare le risorse cognitive dello studente in modo che metta in campo tutte le sue capacità per affrontare e superare l’insuccesso riacquistando un’immagine positiva di sé.
Di fronte ad un’interrogazione non del tutto negativa o ad un compito mediocre uno strumento utile potrebbe essere, per esempio, quello di formulare un elogio efficace formato da un contenuto di rinforzo tipo “bravo!”, ma anche da una componente informativa tipo “dove hai applicato la regola/metodo non hai sbagliato”.
I voti scolastici rappresentano delle unità di misura in grado di quantificare il livello di preparazione dello studente e il suo processo di allineamento prestazionale nei confronti di richieste esterne quali possono essere un compito in classe, un’interrogazione o un test di valutazione.
Il sistema dei voti determina l’insuccesso o il successo codificati attraverso dei numeri, che creano una linea di demarcazione che per molti può diventare causa di frustrazione.
I voti sono sicuramente un metodo di giudizio sintetico ed efficace, anche se ricordiamoci che non qualificano lo studente.
Tu non sei il voto che hai preso!
Se un ragazzo prende 4 al compito di matematica non vuol dire che in relazione a quella materia e a tutto ciò a cui essa è collegata valga così poco; significa che la sua preparazione riguardo gli argomenti di quella prova non è stata sufficiente a raggiungere gli obiettivi prefissati. Ciò può dipendere da diversi fattori: non ha chiesto spiegazioni o chiarimenti quando in difficoltà, distrazione, antipatia per quella materia in particolare, scarso impegno e motivazioni …
Tutti fattori che influiscono sul mancato successo.
Come detto, bisogna partire proprio da quel voto per costruire il futuro successo, chiarendo in primis che l’insuccesso non è dovuto a una condizione permanente del ragazzo ma a fattori transitori sui quali si può lavorare.
Quindi il 4 non è una macchia indelebile o motivo di vergogna ma solo un passo falso che va visto come un aiuto per capire in che direzione lavorare o richiamare a un maggior impegno.
E’ importante ricordare che gli insuccessi scolastici non rappresentano degli insuccessi nella vita, prendere un brutto voto o prenderne più di uno di fila non vuol dire essere dei perdenti ma è il segnale che dobbiamo impegnarci di più, affrontare le difficoltà, e quando non si riesce da soli a superarle chiedere aiuto.
Noi non siamo il 4 ma nemmeno l’8: sono solo numeri, mentre noi siamo persone.
In quanto tali commettiamo degli errori, impariamo da essi e diventiamo migliori. In altre parole, gli errori che facciamo ci aiutano a cambiare e crescere.