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La domanda se l’è posta il filosofo tedesco Immanuel Kant nel suo trattato “Critica della ragion pura”. Tralasciando il gioco di parole, il filosofo ci invita a riflettere sul fatto che ci sono cose che ignoriamo e altre cose che possiamo ignorare. Mentre nel primo caso basterebbe un piccolo sforzo attivo per recuperare la conoscenza, nell’altro non c’è nulla che possiamo fare se non accettare di non sapere. A queste si potrebbe aggiungere una terza categoria (tertium datur), ovvero le cose che fingiamo di non sapere.
Lavorando con ragazzi di diverse età, capita spesso di percepire una loro bassa motivazione allo studio e un forte disinteresse rispetto ad alcuni argomenti o materie.
PERCHÈ DEVO STUDIARLO? QUANDO MI SARA’ UTILE TUTTO CIO’? CHE SENSO HA?
Queste sono le domande che più spesso ci vengono poste mentre lavoro con i ragazzi e che spesso mettono in difficoltà gli adulti.
PERCHÈ DEVO STUDIARLO?
Ammetto di essermi posto anche io il problema tante volte durante la mia carriera. Perché studiare un determinato argomento? Soprattutto quando l’argomento è particolarmente noioso o difficile per il ragazzo.
La risposta a questa domanda ha origini complesse: c’è chi risponderebbe che una cosa va studiata perché è nel programma scolastico, chi perché è il tuo dovere di studente, chi perché il professore ha scelto così; chi perché serve per ragionale e allenare la memoria e via dicendo. Risposte, che molto spesso, non convincono un ragazzo di oggi.
Difficile dire quale risposta funziona meglio nel colpire una mente dinamica, votata al tutto e subito, come quella di un ragazzo.
Secondo me, è importante studiare determinati argomenti perché sono funzionali a creare quella cultura di base essenziale per diventare un giovane adulto e successivamente un adulto. Una risposta che forse è più complicata della domanda stessa!
QUANDO MI SARA’ UTILE TUTTO CIO’?
L’educazione all’utilità è il secondo aspetto della questione. Per un ragazzo di oggi qualsiasi fatica deve valere lo sforzo, qualsiasi cosa studiata deve essere utile per qualcos’altro.
L’utilità di un concetto è un argomento molto delicato. Ritengo che il pensiero del professor Riccardo Giannitrapani centri il cuore del problema, con poche parole:
“….. nella vita si possono fare anche cose non utili. La bellezza, in fondo, è una forma di necessità.”
CHE SENSO HA?
Il senso delle cose è l’ultima difesa della giovane mente. Per il ragazzo tutto deve avere senso; e il senso per il ragazzo è sempre sinonimo di utilità. Alcune materie o alcuni argomenti non sono usufruibili nella vita reale e, pertanto, considerati senza senso: a questo punto il ragazzo pone il fatidico interrogativo e ….. scacco matto.
Concludendo
Ritengo che le domande dei ragazzi non necessariamente possano trovare tutte le risposte al momento, sarà la vita stessa a far trovare loro il senso delle cose.
Al momento è importante, però, far ragionare il ragazzo sul suo ruolo di studente e sulla funzione della scuola intesa come una “palestra di vita”: aiutiamo a focalizzare la sua attenzione sull’importanza di accettare le regole, gli impegni, le responsabilità, la frustrazione.
Riprendendo il pensiero di Kant, aiutiamo il ragazzo ad accettare il fatto di non poter rispondere subito a tutte le domande e accettiamo noi stessi il fatto di non potergli dare adesso tutte le risposte.
Michele Paolino