Videogiochi sono lo svago preferito della maggior parte dei ragazzi di oggi: se diversi anni fa era facile vederli scalmanarsi intorno al pallone per strada o chiacchierare in piazzetta, al giorno d’oggi l’immagine che sempre più ci propone la realtà è quella di un ragazzo con un joypad in mano e delle cuffie futuristiche. Contemporaneamente gli stessi videogiochi spesso sono visti come una distrazione pericolosa da parte dei genitori che vedono i propri figli stare davanti a uno schermo (TV, PC o smartphone) per delle ore senza alcuna sosta.
Il videogame ha in sé molteplici componenti: psicologiche, cognitive, pragmatiche, emotive, estetiche, comunicative, quindi è un universo molto sfaccettato.
Giocare ai videogiochi è innanzitutto un’attività che per i ragazzi aumenta il benessere in quanto permette di sperimentare un’esperienza di appagamento e piacere; un videogioco inoltre può avere effetti positivi in termini di autostima, propria e altrui, attraverso i successi che vengono raggiunti, l’avanzamento negli obiettivi di gioco; soddisfa anche il sentimento di appartenenza poiché il videogioco è dotato di una componente anche sociale (soprattutto attraverso il giocare on-line con altri giocatori), è argomento di confronto per i giovani; infine può garantire l’auto realizzazione, intesa come avvicinamento al proprio prototipo valoriale. Non dimentichiamo che il bisogno di appartenenza, di stima e di auto realizzazione sono tre bisogni psicologici fondamentali dell’uomo.
Essendo molto coinvolgente, il videogioco porta il ragazzo a vivere stati emotivi reali che comprendono sia aspetti positivi come la meraviglia e lo stupore, sia aspetti negativi, come la rabbia e lo sconforto. Ovviamente a nessuno piace perdere, sia nei videogiochi come in altri aspetti della vita, come nello sport.
I videogiochi creati con lo scopo di far perdere il giocatore, portandolo al Game Over, sono sempre più numerosi. Questo tipo di videogiochi è amato per un’unica componente: la vittoria. Quando il giocatore, dopo aver ripetuto decine e decine di volte il livello, riesce infine a superarlo proverà una gioia e una soddisfazione immensa, che pochissimi altri medium o videogiochi riescono a provocare. Viceversa, quando il giocatore non riesce a superare il livello o a vincere con l’avversario può provare sentimenti di forte rabbia e a volta i ragazzi arrivano a perdere il controllo!
Facciamo attenzione però a non cadere nell’errore di pensare che i videogiochi siano dannosi per definizione, soprattutto se sono a contenuto violento. Sono state effettuate diversi studi e ricerche, soprattutto in America e nel mondo anglosassone, e i risultati non hanno individuato una relazione diretta tra videogiochi violenti e conseguenze nocive per i ragazzi.
Le ricerche hanno evidenziato come il comportamento violento di alcuni ragazzi, che sì usavano videogiochi a carattere violento, era dovuto ad altro, soprattutto alla violenza reale alla quale erano sottoposti nella vita quotidiana. Hanno evidenziato anche che non vi è un rapporto diretto tra violenza di un prodotto video ludico e l’insorgere di disturbi nell’esame di realtà.
Inoltre vi sono anche un numero non esiguo di ricercatori che sostiene un effetto opposto dei videogiochi violenti, asserendo come essi tenderebbero a ridurre l’aggressività nella vita reale! Il videogioco permette di sperimentare azioni violente nel virtuale, consente di sfogare eventuali istinti aggressivi, con una funzione catartica da non sottovalutare.
Esistono numerose ricerche condotte allo scopo di verificare gli effetti positivi o negativi dell’uso dei videogiochi, non tutti i risultati convergono alle stesse conclusioni. Tuttavia una parte considerevole concorda su alcuni punti fondamentali.
Un esempio di dinamica open world in Red Dead Redemption 2
Dalla piccola indagine condotta sui videogiochi preferiti dei ragazzi con cui lavoriamo vengono fuori i titoli che vanno più di moda in questo periodo: Fortnite, Rainbow Six, Call Of Duty, Fifa19.
Le preferenze dei ragazzi vanno verso giochi competitivi in cui si creano delle situazioni di uno contro uno, squadra contro squadra o tutti contro tutti. In titoli come Rainbow Six e Call Of Duty il gameplay si svolge sparando agli alter ego digitali degli altri giocatori durante una simulazione molto realistica di un conflitto a fuoco (anche se qualche giorno fa i produttori hanno deciso di rimuovere il sangue, i riferimenti sessuali e il linguaggio osceno).
Rainbow Six
Fortnite invece ha trasformato il conflitto a fuoco in una specie di cartone animato con tanto di grafica coloratissima, mossettine divertenti e dinamiche di gioco che non comportano il solo sparare a qualcun altro ma anche costruire strutture e raccogliere oggetti (armi, corazze, trappole, medikit).
La coloratissima e accattivante grafica di Fortnite
Fifa 19 è una classica simulazione sportiva calcistica in cui i ragazzi possono improvvisarsi campioni di calcio o allenatori.
Fifa 19 è il titolo di riferimento per tutti i ragazzi appassionati di calcio
Sono titoli che permettono di giocare insieme agli amici e a tante altre persone in modalità multiplayer, cioè più giocatori connessi alla stessa partita attraverso internet. Questa modalità rappresenta da qualche anno la nuova frontiera del gaming ed è un’attrattiva importante per i ragazzi che possono confrontarsi con altre persone in tempo reale ma non presenti fisicamente: che poi si tratti di una simulazione sportiva o di una finta guerra, questo è solo un dettaglio.
A rinforzare questa dinamica c’è Youtube. Molti youtubers seguiti dai ragazzi organizzano partite in live o veri e propri tornei per giocare con i loro iscritti creando delle community che rappresentano l’evoluzione naturale delle sale giochi degli anni ’80.
In conclusione…
Tutto dipende dall’uso che si fa del videogame e soprattutto da quanta parte questa attività ha nella vita quotidiana di una persona. Il problema solitamente sorge quando i ragazzi si lasciano trascinare dalla passione per i videogiochi, tanto da interferire con altri aspetti della loro vita (studio, sport, vita sociale, responsabilità, ecc)
C’è una grande differenza tra i ragazzi che giocano per il piacere che ne ricavano da quelli che giocano per sfuggire a qualcosa di doloroso nella vita o perché è l’unica strada per soddisfare i loro bisogni psicologici fondamentali: un videogioco, come qualunque altra cosa, può diventare un’attività ossessiva compulsiva.
Il rischio è anche legato alla percezione del tempo da parte del ragazzo che gioca ai videogame. Egli entra spesso in uno stato di flusso (flow) dove l’ambiente fisico che lo circonda sembra sparire permettendogli di concentrarsi unicamente sull’azione del videogioco. E’ uno stato che non si manifesta unicamente nei videogame, ma per esempio anche nello sport, necessario affinché il giocatore possa usare tutte le sue facoltà per arrivare all’obiettivo. I ragazzi perdono totalmente la percezione del tempo quando coinvolti dal gioco, entrano nello stato di flow e non sono in grado di autoregolarsi.
I genitori devono sempre monitorare i figli che giocano ai videogiochi, senza lasciarli abusare di queste tecnologie. Proprio perché non sono in grado di autoregolarsi hanno bisogno del contenimento del genitore che pone i giusti limiti e regole nell’uso del videogioco, affinché esso rimanga nei suoi aspetti positivi e non diventi lo scopo della giornata!
E’ inoltre importante che venga rispettata la fase evolutiva del ragazzo permettendogli di giocare ai videogiochi adatti alla sua fascia di età: per controllare tutto ciò il genitore dovrebbe verificare l’adeguatezza del videogioco attraverso il codice PEGI (Pan European Game Information). E’ un codice bene in evidenza sulla copertina di ogni videogioco basato su un metodo per classificare i videogiochi attraverso cinque categorie di età e otto descrizioni di contenuto.
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